Lungo la via Appia Antica, tra Itri e Fondi, si trova il Fortino di Sant’Andrea. Tale fortino ha avuto un’importanza fondamentale durante il regno borbonico, in quanto posizionato proprio lungo il confine con lo Stato pontificio. Inoltre, è situato più in alto rispetto alla via Appia, l’unica via d’accesso e di comunicazione con il sud.
Analizzando il territorio, è possibile notare come i Monti Aurunci e le sue gole siano molto difficili da attraversare e da superare. A questo proposito è facile intuire che queste gole potevano facilmente essere chiuse da fortificazioni, costruite a partire dal Medioevo e riconoscibili in tutto il territorio: il fortino di Sant’Andrea è proprio uno di questi esempi.
Il fortino è stato costruito su una precedente costruzione, quasi certamente il Tempio del dio romano Apollo. Sono tutt’ora visibili i terrazzamenti dell’edificio preesistente.
Questo particolare tratto della via Appia è stato protagonista di numerose battaglie per il controllo del Regno di Napoli, già a partire dal ‘500. Qui si sono scontrati eserciti nostrani (napoletani e pontifici) e eserciti stranieri (francesi, spagnoli, austriaci e tedeschi). Oltre alla presenza di eserciti regolari, il passo ha visto anche la comparsa di famosi briganti, come ad esempio il bandito Sciarra, che dotato di un proprio esercito, sbarrò a lungo la Via Appia. A questo proposito, una leggenda lega la figura del brigante Sciarra a quella di Torquato Tasso: il brigante infatti, saputo della presenza del famoso poeta a Formia, lo avrebbe fatto passare con ogni onore.
Durante il periodo delle rivolte napoletane ad opera di Masaniello del 1647, fonti storiche ci parlano di briganti quali Papone e D’Arezzo di Itri, i quali bloccarono il passo per impedire il ritorno della dominazione spagnola. Il passo fu poi successivamente fortificato dagli austriaci per impedire il passaggio delle truppe spagnole di Carlo di Borbone (1734).
Sicuramente il fortino di Sant’Andrea è passato alla storia per il famoso scontro tra le truppe francesi di Napoleone Bonaparte e quelle di Frà Diavolo nel 1798: bandito molto conosciuto all’epoca, divenuto poi ufficiale dell’esercito borbonico, difese con un manipolo di pochi uomini il passo di Sant’Andrea. Riuscì ad impedire il passaggio e le comunicazioni con il sud Italia, rallentando di molto l’invasione napoleonica.
Sarà poi Gioacchino Murat, divenuto re di Napoli, a costruire il fortino così come lo conosciamo oggi. Il fortino servirà a bloccare il passaggio nel 1814 degli austriaci. L’ultima battaglia combattuta qui sarà quella del 1860, in appoggio a Gaeta, dove si era rifugiato re Francesco II di Borbone.
Con la costruzione del forte vennero spianati i resti antichi del tempio di Apollo, soprattutto per la necessità di posizionare i cannoni. Oltre alla presenza dei cannoni, abbiamo anche un fossato artificiale, atto a difendere i bastioni. Sui terrazzamenti romani sono presenti degli spiazzi dove venivano posizionati i pezzi di artiglieria: dei muri con delle aperture permettevano il tiro, proteggendo l’artigliere.
Dietro al fortino vi è un altro muro che proteggeva da attacchi alle spalle, con delle feritoie per il tiro della fucileria. Erano presenti anche delle fortificazioni in legno (per ospitare le truppe), e più in alto ancora, una casetta che accoglieva il comando.